Processo Enel-Cerano
La centrale termoelettrica di Brindisi Sud-Cerano rischia di provocare seri danni all’intero comparto agricolo della zona presumibilmente contaminata
Nella giornata di ieri, 9 ottobre, si è tenuta un’ulteriore udienza del processo contro i dipendenti di Enel Produzione in merito al “danno ambientale” prodotto dalla perdita di polvere di carbone dal nastro trasportatore e dal “carbonile” della centrale termoelettrica di Enel Brindisi Sud-Cerano.
Nel corso degli interrogatori alcuni dei proprietari terrieri ascoltati – gli stessi che, attraverso denunce e querele, hanno permesso un’attenta ed approfondita indagine da parte della Digos e dei NOE di Lecce consentendo poi il processo in corso – hanno evidenziato alcune delle conseguenze drammatiche che li vede coinvolti, come la perdita di redditività dei loro terreni, lo svellimento di ettari di terreno coltivati a vigneto e l’abbandono delle coltivazioni.
«Fino ai primi anni ‘90 le località di Cerano, S. Lucia, solo per citarne alcune – dichiarano Francesco Tarantini e Fabio Mitrotti, rispettivamente presidente di Legambiente Puglia e presidente del Circolo di Brindisi – erano famose per l’abbondanza e la qualità delle produzioni di Negramaro, malvasia bianca e nera, e per le distese di carciofeti. Sapere oggi che la produzione, per ragioni presumibilmente attribuibili allo stato di contaminazione dei suoli e della falda, si è ridotta del 50% anche nelle aree non sottoposte a sequestro dall’Ordinanza del sindaco Mennitti del giugno 2007, fa rabbia sia per la compromessa sussistenza economica dei proprietari terrieri che per l’intero comparto agricolo che vede penalizzate tutte le produzioni agricole che provengono dall’area di Cerano. Fa ancora più rabbia ascoltare i difensori degli imputati che tendono al discredito dei testi e ad evidenziare motivazioni irreali sulla natura della polvere nerastra presente sulle coltivazioni, equiparandola, molto semplicisticamente, a “fuliggine da incendi” di sterpaglie».
Legambiente Puglia, costituitasi parte civile, assicura il proprio impegno finalizzato alla ricerca della verità e delle responsabilità, non solo connesse al danno ambientale ed economico causato alle parti offese, ma anche alla individuazione in merito all’immissione delle produzioni contaminate da polveri di carbone nel “ciclo alimentare” ed alle oggettive difficoltà di poter raggiungere gli obiettivi riportati nella costituzione del “Parco Saline della Contessa”, a cui tutti i terreni, dal mare al confine del nastro trasportatore, appartengono.
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