Festival della Ruralità 2016: Chilometro zero, un’agricoltura di qualità
“La tutela della biodiversità passa attraverso la sicurezza agroalimentare”
Dall’agricoltura biologica alla tutela della biodiversità passando attraverso la sicurezza agroalimentare e le azioni messe in campo per contrastare gli illeciti, ossia le contraffazioni del made in Italy.
Sono questi i focus al centro dei dibattiti in programma oggi presso la Masseria Cimadomo nell'ambito della quarta edizione del Festival della Ruralità, promosso dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia in collaborazione con Legambiente.
“Oggi il settore agroalimentare rappresenta il 14% del Pil nazionale e l’Italia è il primo Paese d’Europa per prodotti tipici certificati – spiega Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – Tuttavia sono proprio questi ultimi a essere i più esposti alla contraffazione e ai tentativi di imitazione e di usurpazione di marchi, come il caso dell’olio extravergine di oliva, uno dei simboli indiscussi del made in Italy. Il nostro Paese, con le sue circa 550 mila tonnellate prodotte annualmente, rappresenta circa il 17% della produzione mondiale. Un quantitativo non sufficiente a coprire la domanda, nemmeno quella nazionale che, con un consumo pro capite pari a circa 12 Kg annui, necessita di importare un terzo del prodotto (circa 750 mila tonnellate). Ne consegue che mediamente una bottiglia di olio extra vergine di olive su tre non contiene olio di origine italiana, con tutte le connesse problematiche legate ai rischi concreti di sofisticazioni, di tentativi di evocazione, di frodi sulla qualità e sulla stessa origine”.
Tutto il territorio della regione Puglia è “ben” rappresentato nella mappa dell’agromafia stilata da Eurispes in collaborazione con Coldiretti e l’Osservatorio criminalità nell’agroalimentare. Foggia è in testa tra le province pugliesi e al settimo posto nella classifica nera nazionale, con un indice di 67,4. Segue Brindisi, 14esima nella classifica nazionale, con uno IOC (International Olive Council) del 51,6. Terzo posto per Barletta-Andria-Trani (40,9), pari merito con Bari (40,9), Taranto (39,4) e infine Lecce (37,4). La mappa dell’agromafia segue quella degli interessi economici tradizionali, segno che la mafia pugliese, come tutte le altre, fiuta il business e lì si butta per lucrare. Anche a riprova di questo, si pensi che un bene confiscato su cinque appartiene al settore agroalimentare.
“È indispensabile evitare che continuino ad essere secretati – incalza il direttore della Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – i dati relativi alle importazioni dei prodotti agricoli nei nostri territori, addirittura nei confronti degli Organi di Controllo. È, inoltre, assolutamente necessario che l’attività di controllo sia accompagnata da un sistema sanzionatorio più rigido che preveda, per coloro che si macchiano di reati contro la sicurezza alimentare, pene pecuniarie molto elevate fino ad arrivare alla detenzione e alla confisca di beni mobili ed immobili che, come già avviene per i beni sottratti alla criminalità organizzata di stampo mafioso, potrebbero essere assegnati a cooperative e/o associazioni onlus per la produzione, la trasformazione e la commercializzazioni di produzioni agricole ed agroalimentari tipiche di qualità”.
Legambiente, insieme al Corpo forestale dello Stato e all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha avviato il progetto Civic (Common Intervention on Vulnerability in Chains), finanziato dalla DG Home Affairs della Commissione Ue, per contrastare le illegalità ambientali. Il progetto si propone di analizzare, fra le altre filiere, anche quella dell’agroalimentare, in particolare monitorando il ciclo di vita dell’olio extravergine di oliva.
“Dopo due anni di lavoro abbiamo stilato un documento che sintetizza un elenco di proposte e suggerimenti rivolti ai decisori politici, sia nazionali che europei, e in genere agli operatori del settore per contrastare le illegalità ambientali nelle filiere oggetto di studio – commenta Daniela Sciarra, responsabile progetto CIVIC per Legambiente - Obiettivo del progetto è stato anche quello di elaborare tre protocolli di intesa che impegnano i firmatari (enti, associazioni e in genere operatori del settore) a collaborare con maggiore sinergia per risolvere le vulnerabilità delle filiere. Il nostro vuole essere un contributo, speriamo il più efficace possibile, destinato a capire meglio le filiere interessate dallo studio ai fini di una migliore strategia di prevenzione e di contrasto dell’illegalità. Allo stesso tempo i risultati non vogliono essere un punto di arrivo ma solo di partenza, con l’impegno condiviso di continuare con sempre maggiore impegno e passione per contrastare gli ecocriminali e tutelare più efficacemente gli ecosistemi e le comunità che li abitano”.
L’obiettivo di fondo del progetto è stato, infatti, quello di comprendere in profondità i modelli di governance che hanno riguardato le filiere scelte per il progetto, privilegiando un approccio sistemico e non settoriale. Con l’avvertenza di fondo di non privilegiare solo l’aspetto repressivo, ma di guardare soprattutto a ciò che accade nei processi regolatori previsti dalle norme ufficiali e implementati nella pratica. “A fronte di una ecocriminalità sempre più capace, raffinata e agguerrita, lo sforzo delle forze sane – che questo progetto ha messo in rete – deve essere sempre rivisto e perfezionato, sia qualitativamente che quantitativamente” ha concluso Sciarra.
Info:
Parco Nazionale Alta Murgia: http://www.parcoaltamurgia.
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