Ilva, l’Italia a processo a Strasburgo
Legambiente: «Chiediamo per Taranto un impegno straordinario sia sul fronte delle bonifiche che del potenziamento dell’Arpa»
La decisione della Corte di Strasburgo di mettere sotto processo lo Stato italiano per non aver protetto la vita e la salute di cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni Ilva, arrivata mentre a Taranto ripartiva il processo per disastro ambientale dell’Ilva, mette insieme sul banco degli imputati, ai più alti livelli, chi ha inquinato e chi negli anni ha consentito che questo avvenisse. Da un lato, innanzitutto, la famiglia Riva, dall’altro lo Stato italiano. In mezzo, i cittadini di Taranto, lasciati per decenni in balìa di un inquinamento micidiale che ha portato malattie e morti e che continuerà per molti anni ancora a mietere vittime innocenti.
«Noi crediamo innanzitutto che ai cittadini di Taranto vada dato un effettivo segnale di attenzione e rispetto con un impegno straordinario dello Stato italiano sul versante della bonifica del territorio, ferma restando la necessità di rivalersi – poi – su chi ha inquinato. Le somme sinora stanziate, effettivamente destinate alla bonifiche, sono in realtà assolutamente esigue e – d’altro canto – i ritardi e la lentezza con cui gli studi (tanti) e i lavori (pochi) procedono sono assolutamente insopportabili. La bonifica che la città di Taranto attende non può certo essere solo quella di qualche scuola del rione Tamburi: è necessario un cronoprogramma preciso e risorse adeguate, sia finanziarie che umane, al risanamento di un territorio che ha subito colpi terribili, a cominciare dal Mar Piccolo» commenta Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia.
Secondo Legambiente è indispensabile, inoltre, che lo Stato e la Regione Puglia, ognuno per quanto di sua competenza, facciano quanto è necessario per impedire che si ripresenti quella mancanza o carenza di controlli che tanto ha pesato sulla realtà tarantina, insieme alle responsabilità degli inquinatori. A fronte di presenze importanti come Ilva, Eni, Cementir, Arsenale Militare, Base Navale, l’associazione ambientalista ha chiesto, da oltre un anno, il potenziamento degli organici del dipartimento di Taranto di ARPA Puglia, assolutamente necessario per effettuare monitoraggi e controlli adeguati alle presenze del territorio jonico, a partire dal siderurgico. Potenziamento promesso in sede di approvazione di uno dei tanti decreti Ilva ma poi svanito nel nulla e mai più riproposto né dal Governo né dalla Regione.
«È una vergogna che abbiamo denunciato più volte – continua Tarantini – e che legittima i dubbi di tanti sulla effettiva volontà di mettere davvero sotto controllo quello che accade a Taranto. Per questo torniamo a chiederlo con forza, così come chiediamo che venga nominato rapidamente il nuovo Direttore Generale di ARPA Puglia individuando una personalità di riconosciuta autorevolezza e indipendenza, caratteristiche essenziali per una figura che deve garantire tutti i pugliesi, e i tarantini in particolare, sulla autonomia dagli interessi della grande industria e dalle possibili dimenticanze della politica».
Legambiente ribadisce, infine, la necessità che il piano industriale proposto dai futuri acquirenti o affittuari dell’ILVA non vada a ridurre la portata di quello ambientale approvato e ancora lontanissimo dall’essere completato: è risaputo, infatti, che le prescrizioni più importanti per la tutela dell’ambiente e della salute previste dall’A.I.A., dalla copertura dei parchi minerali al rifacimento delle cokerie, non sono ancora state attuate. Un’AIA depotenziata, dopo gli enormi ritardi per attuarla, sarebbe una vergogna, un altro intollerabile assalto al diritto alla salute dei tarantini che hanno già pagato un tributo altissimo ai ritardi e alle omissioni della politica.
Ufficio stampa Legambiente Puglia
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