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Ilva: “Annullare il tavolo del 20 dicembre è una cosa insensata”

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Legambiente scrive al Presidente del Consiglio Gentiloni:

“Taranto non può più aspettare, oggi altro giorno di wind days. Il Governo deve dare risposte chiare e pretendere tempi più stringenti su nodi irrisolti, valutazione d’impatto sanitario sul nuovo Piano ambientale, innovazione tecnologica nel ciclo produttivo, la bonifica delle aree contaminate e ulteriori misure per la mitigazione del rischio sanitario e ambientale durante i wind days”

 

“Dopo anni di promesse e impegni non mantenuti il Governo deve ora garantire, e pretendere dall’azienda, tempi certi e più stringenti per gli interventi indispensabili alla tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente. Solo così si può ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini ed i lavoratori. La città non può aspettare ancora altri 3 o 4 anni prima di vedere completati interventi su cui c'è invece necessità immediata, a partire da alcune priorità: la richiesta di investimenti in favore di una importante innovazione tecnologica nel ciclo produttivo; avviare la procedura di valutazione dell’impatto sanitario sul nuovo Piano ambientale; far partire concretamente la bonifica delle aree contaminate pubbliche e private; verificare i possibili interventi di mitigazione durante i wind days.

È quanto rilancia Legambiente nella lettera, coofirmata anche dal Presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini e dalla Presidente del circolo di Taranto, Lunetta Franco, e che l’associazione ha scritto al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, e per conoscenza ai due ministri Calenda e Galletti, intervenendo sulla vicenda Ilva e la querelle politica di queste ultime ore con l’annuncio del Ministro dello sviluppo Economico Calenda di far saltare il tavolo convocato per il 20 dicembre se non si ritira il ricorso al Tar presentato dal Governatore della Puglia. Ferma la risposta di quest’ultimo che ha confermato di seguire l’iter intrapreso. E intanto a Taranto oggi è un altro giorno di wind day, l’ennesimo di una lunga serie che grava sui cittadini e, in modo particolare, sugli abitanti del quartiere Tamburi: le misure adottate per contenere lo spolverio proveniente dai parchi minerali si sono dimostrate sinora insufficienti. Per questo il circolo di Legambiente Taranto e Legambiente Puglia hanno scritto oggi ai Commissari straordinari dell’Ilva, per chiedere di adottare con urgenza nuove misure - compreso l'abbassamento dei cumuli - per abbattere il carico di polveri nocive che grava sulla città.

“Basta ai giochi dei ricatti, alle promesse e agli accordi non mantenuti - dichiara la Presidente nazionale di Legambiente Rossella Muroni - si pensi davvero a tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini e ad affrontare i nodi irrisolti, perché la città di Taranto non può più aspettare né guardare i battibecchi politici. Il Governo, si assuma le proprie responsabilità insieme agli altri soggetti coinvolti, e dia risposte chiare. Annullare il tavolo del 20 dicembre è insensato, quello che auspichiamo è che si possa aprire un vero dibattito di confronto sui punti rilevanti della questione Ilva, includendo gli interessi di tutte le parti, prima di tutto dei cittadini di Taranto. Le scuole chiuse nel rione Tamburi a causa del forte vento che, soffiando da nord-ovest, ha trasportato le polveri del polo industriale verso la città e il rione, hanno reso evidente a cosa possono essere esposti i cittadini e ci ricordano in maniera evidente che ci sono interventi non più rinviabili, perché il diritto all’istruzione dei bambini, nel 2017, non può essere negato dalla direzione del vento e dall’inquinamento ambientale”.

Per Legambiente sarebbe paradossale se per evitare il rischio che Mittal rinunci all’acquisizione di Ilva ed alla conseguente effettuazione degli investimenti annunciati che – finalmente - porterebbero alla realizzazione di una serie di prescrizioni previste fin dall’A.I.A. del 2012 e che ancora (dopo cinque anni) non sono state realizzate, occorresse, di fatto, rinunciare a continuare a richiedere modifiche sostanziali al Piano Ambientale adottato a settembre di quest’anno. Un Piano che peraltro peggiora i tempi di realizzazione del precedente. Al contrario il Governo, proprio nell’ottica di garantire investimenti importanti e duraturi che mettano insieme innovazione tecnologica, competitività economica con tutela ambientale e della salute delle persone, deve pretendere dall’azienda un progetto ambizioso che punti sull’innovazione tecnologica e su misure celeri ed efficaci per la riduzione dell’impatto ambientale del complesso industriale.

Nella missiva, l’associazione ambientalista ricorda che le vicende dell’Ilva fino ad ora sono state caratterizzate sempre da promesse e accordi non mantenuti: non si può chiedere a nessuno di avere fiducia a priori. “Se per il passato ci interessa avere giustizia, e questo è un compito affidato alla magistratura, - si legge nella lettera - per il futuro e per il presente di Taranto quello che serve è evitare che le attività industriali possano provocare nuovi danni alla salute e all’ambiente e quest’ultimo è un compito assegnato alla politica, a partire da chi ha la responsabilità del Governo del Paese. Non perseguirlo fino in fondo significa, presto o tardi, riconsegnare la vicenda nelle mani della magistratura, in un ruolo di supplenza che non le è proprio”.

Infine per quanto riguarda i nodi irrisolti, l’associazione ricorda che:

  1. Il Governo deve avviare da subito la Valutazione di impatto sanitario, sul nuovo Piano ambientale e riferita alla massima capacità produttiva realizzabile con la configurazione impiantistica che si vuole realizzare;
  1. Dall’Esecutivo deve arrivare una risposta immediata sul tema delle bonifiche. Ci sono centinaia di milioni disponibili, rivenienti dalla transazione con la famiglia Riva, ma a tutt'oggi i cittadini di Taranto non sono stati informati sul dove, come, quando questi soldi verranno spesi. Si tratta di cifre consistenti per le quali noi chiediamo che da subito vengano fornite indicazioni precise, un dettagliato cronoprogramma. In maniera tale che effettivamente vengano spesi per il risanamento delle matrici ambientali inquinate dall'azienda siderurgica
  1. È necessario che dalla nuova proprietà vengano prese tutte le misure possibili - e fatti i dovuti investimenti- per mettere anche in campo nuove tecnologie produttive, diverse dal ciclo integrale, capaci di abbattere fortemente le emissioni inquinanti, ad esempio con la riconversione di una porzione dell’impianto per fare in modo che una parte della produzione possa essere fatta con il gas o il preridotto, indispensabili per traguardare una capacità produttiva superiore ai 6 milioni di tonnellate/anno senza esporre i cittadini di Taranto e, soprattutto, del quartiere Tamburi a rischi per la salute, come ha già accertato la valutazione del danno sanitario effettuata sulla base del precedente piano ambientale da ARPA Puglia e ASL Taranto.
  1. Servono tempi certi e molto più stringenti sugli interventi previsti per le opere prescritte dalla nuova A.I.A., a partire non solo dalla copertura dei parchi minerali ma pensando anche ad altre importanti misure come il rifacimento delle cokerie. Sulla copertura dei parchi pur prendendo atto positivamente degli impegni assunti ricordiamo che il precedente piano ambientale prevedeva 28 mesi per la loro realizzazione mentre sarebbero solo due gli anni presumibilmente necessari stando ai report Ilva diffusi durante la procedura di assegnazione.
  1. Servono ulteriori misure per la mitigazione del rischio sanitario e ambientale durante i “wind days”: per Legambiente sono necessari provvedimenti che comunque riducano ulteriormente l'impatto dei Wind days come è emerso nella lettera che il circolo di Taranto e Legambiente Puglia hanno inviato oggi ai Commissari straordinari, chiedendo di adottare con urgenza nuove misure - compreso l'abbassamento dei cumuli - per abbattere il carico di polveri nocive che grava sulla città. Ad oggi, per quanto riguarda gli interventi di mitigazione dello spolverio proveniente dai parchi, l'unica novità è costituita dalla previsione di un limite massimo pari a 14,5 milioni di tonnellate/anno per la giacenza media annua dei parchi primari fino al completamento della relativa copertura: una misura positiva, ma insufficiente, che non tiene peraltro conto dei possibili picchi e della mancata bagnatura della cima dei cumuli di minerale, come rilevato da Ispra e Arpa Puglia durante l’ispezione di luglio in Ilva.